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La Repubblica 16 novembre 1993 Data Pubblicazione: 21-10-2009
Dopo l’annunciata chiusura della “Civica”
SOLO AMATORI NON IMPIEGATI PER LA BANDA
Seicento, le bande lombarde. Due terzi regolarmente censite dall’Anbima, l’associazione che rappresenta i circa 1.500 complessi italiani ( su 2.400 attivi) e gestisce i due miliardi del Fus che spettano al settore. Dopo alcuni decenni di crisi, dovuti a ragioni soprattutto ideologiche - la banda, anche se spesso era il contraltare musicale laico del coro parrocchiale, aveva un’immagine di socializzazione paesana superata dai nuovi modelli di solidarietà - l’attività musicale dei gruppi bandistici ha rimontato posizioni. Ma i numeri non devono trarre in inganno. Sono pochi i meno di tremila iscritti, a confronto dei settemila francesi, dei 3.500 olandesi, dei 1.600 svizzeri e 2.550 norvegesi,e non contano molto sul piano artistico-esecutivo. Più spesso a carattere parafolcloristico, coniugate con feste patronali e sfilate di majorettes, le bande italiane svolgono soltanto una microattività musicale. Soprattutto al Nord, dove non operano bande professionali ( in quelle abruzzesi e pugliesi si formò Severino Gazzelloni), ci sono pochi complessi non militari in grado di reggere il confronto internazionale. Se in ambito non metropolitano la pratica bandistica ha ripreso fiato, a fianco di quella corale – preziosa opportunità di alfabetizzazione musicale e occasione di gioioso ritrovo infrasettimanale – a Milano la realtà delle bande è un po’ spaesata. In particolare quella d’un complesso così ingombrante come quello di cui l’assessore Daverio ha annunciato la chiusura, frutto della municipalizzazione del preesistente complesso e dei superstiti di quella del dopolavoro Atm. L’artificiosa ricostituzione fu nel 1972: la banda ribattezzata pomposamente “Orchestra a fiati del Comune di Milano”, fu affidata a maestri ‘veri’. L’organico cospicuo – un maestro e 30 strumentisti stabili, più 30 stagionali – la metteva numericamente al pari con l’Angelicum e I Pomeriggi Musicali messi insieme. Prima in sedi diverse, poi alla ricuperata Palazzina Liberty, l’Orchestra a fiati ha svolto un’attività concertistica stagionale di valore modesto. Piacevole, basata soprattutto su trascrizioni operistiche e sinfoniche ma estranea ad altre caratteristiche costituzionali della presenza bandistica: la funzione aggregante, quella didattica, l’aggancio a un’autentica tradizione meneghina. A Milano, ormai da anni,il messaggio bandistico più autenticamente popolare è affidato ai superstiti pensionati Atm che, in formazione sommaria (due o tre al massimo: un bombardino, una tromba e un clarinetto ad libitum), si materializzano episodicamente – non solo sotto Natale come i pifferai travestiti da abruzzesi che ingombrano le vie dello shopping – nei cortili interni delle vecchie case di ringhiera del Ticinese o in quelli condominiali del Vigentino e di Città Studi offrendo, in cambio di qualche offerta chiamata ai balconi, brandelli d’un repertorio antico: ectoplasmatico nell’insieme e catarroso nell’intonazione, seppure malinconicamente ‘vero’. Banda municipale a Milano? No grazie: semmai bande di quartiere o di circoscrizione. E sempre amatoriali, non impiegatizie.
Angelo Foletto
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La Repubblica 16 novembre 1993
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